Analisi dell’opera di Steven Holl Kiasma Museum

IL SUCCESSO DELL’ARCHITETTURA NEL MONDO: 1988-2000

Dalla mostra del Decostruttivismo al Guggenheim di Bilbao

IL MONDO DECOSTRUITO- Nel 1988 con la mostra Deconstructivism Arquitecture a New York si apre un nuovo scenario per l’architettura. Si vede il fermento in una nuova direzione frammentata, dinamica, violentemente anticlassica. La forma classica e convenzionale non si annulla ma cambia completamente significato. Dal nuovo quadro geopolitico e storico mondiale e dal nuovo ruolo della comunicazione ed informazione emergono i nomi di due progettisti: Daniel Libeskind con il Museo Ebraico di Berlino e Steven Holl con il Museo Kiasma di Helsinki. Il primo da vita ad una sperimentazione eccentrica lavorando sulla forza rappresentata dalla linea e sul concetto di stratificazione, il secondo è incentrato sull’importanza dalla comunicazione dell’architettura negli anni 90.

<<In Holl c’è un forte interesse fenomenologico, ritiene che il progetto debba basarsi su esperienze dirette, fisiche, e psicologiche: percorrere, scoprire i flussi, sentire la luce e i materiali dell’architettura.  La seconda chiave del suo lavoro ha a che vedere, ma in maniera sensibile e mai gridata, al grande tema della metaforizzazione. Spesso nei suoi progetti vi è un richiamo ad altro rispetto all’architettura: uno spartito musicale (come nella Casa Stretto), una spirale che avvolge funzioni diverse (Spiroid sectors), delle icone che si stagliano nel cielo. L’architettura guarda fuori da sé, ma ritorna sempre alle regole del suo farsi. Poi vi è una spiccata consapevolezza sul ruolo concertato che spazi aperti ed edifici giocano l’uno con l’altro per creare l’insieme del progetto. Studia quasi scientificamente deformazioni, angoli, campi di risonanza. Infine c’è la ferma convinzione che un progetto — ed è un tema tutto kahniano – si debba basare su un’idea forza. Come quando insieme a Vito Acconci gioca tutto il disegno di una galleria d’arte sul senso delle vetrine, ad un tempo segnali, sculture, aperture e chiusure sulla strada. A proposito del museo di Helsinki, racconta che aveva redatto trenta ipotesi alternative e che ha scelto quella presentata solo dopo un’attenta verifica dei pro e contro rispetto alle altre. Così, rilevanza dell’idea sintetica, uso degli spazi vuoti, rimandi metaforici, ancoraggio al sito e all’esperienza del vivere si ritrovano anche in questo museo. Si colloca in un’area centralissima di Helsinki ed è stato a lungo voluto e perseguito ma realizzato solo in un’ampia concertazione tra la Galleria Finlandese di Arte, lo Stato e la Municipalità. Nelle prossimità sorgeranno anche nuovi edifici, un Hotel e un bus Terminal. Il progetto colpisce innanzitutto per l’intelligenza e l’originalità dell’inserimento nella complessa intersezione urbana in cui si colloca. Si tratta di un’area triangolare posta tra il parlamento neoclassico a ovest di Joseph Siren, la stazione ferroviaria di Eliel Saarinen a est, e la Casa Finlandia (sede di congressi internazionali con una sala di concerti da 1700 posti di Alvar Aalto) a nord. Il Museo Kiasma viene a completare così il disegno urbano che proprio Alvar Aalto aveva previsto per le sponde del lago Kamppi: una serie di grandi attrezzature pubbliche che si specchiano sull’acqua e come “perle di una collana” punteggiano l’accesso verde al centro città. Il progetto risulta composto da due corpi intersecanti. Uno rettilineo sul fronte stradale e un secondo, ad esso incastrato, a galleria. Il corpo a galleria richiama sottilmente il tema della circolazione sia ferroviaria che automobilistica e si arcua avvolgendo il volume prismatico. La galleria varia anche la sua dimensione trasversale perché inizia con una parte stretta come una coda verso la città, e finisce con una grande bocca che sembra risucchiare la Casa Finlandia di Aalto.  Se la griglia urbana, le preesistenze, i movimenti, le attrazioni dei corpi esistenti dettano la configurazione di base dei volumi, un ruolo gioca anche l’acqua che passa attraverso il sito ed è accolta in una vasca che del museo riflette le forme. E come sempre le articolazioni dei volumi creano a terra ambiti diversi: l’ingresso, uno spazio parco a settentrione, una zona raccolta a ovest. L’intersecarsi dei due corpi e la modifica progressiva della larghezza della galleria determinano all’interno spazi fluidi. Le stanze espositive sono rettangolari ma segnate su due lati dall’andamento arcuato dei muri: vogliono essere “silenziose ma non statiche” e sono differenziate attraverso la loro irregolarità. La variazione della sezione permette l’illuminazione naturale, alcune mirate vedute all’esterno e crea una gentile e dinamica “galleria di stanze”. Scale e rampe arcuate, le trasparenze, il gioco della luce e dell’ombra, le superfici neutre, la ritrosia del progettista per dettagli architettonici troppo enfatizzati caratterizzano l’esperienza del visitatore. Scopo del museo è essere in uno spazio fisicamente e concettualmente in costante trasformazione. Le differenti esperienze spaziali consentono di ospitare varie forme di arte contemporanea e il cambio costante di prospettiva e la dinamica circolazione interna lasciano al visitatore la scelta del percorso. “Invece di una sequenza gerarchica e di un movimento irreggimentato”, questa circolazione aperta consente la scelta e anche “momenti di pausa, di riflessione e di scoperta”.  Le superfici esterne ora vetrate ora rivestite in panelli di alluminio, la grande volta della galleria in zinco contro la regolarità del corpo prismatico, soprattutto il raccogliere, trasformare e rilanciare i flussi viari e la presenza dei fabbricati limitrofi fanno comprendere come nel vocabolario asimmetrico, leggero, dinamico di Holl, vi siano le chiavi per una risposta adeguata e allo stesso tempo innovativa. Ma, per finire, che vuole dire Chiasma che dà il nome al museo? Scrive lo Zingarelli : “1. Figura retorica nella quale si dispongono in ordine inverso i membri corrispondenti di una frase. 2. Punto ove le fibre dei due nervi ottici s’incontrano nella cavità cranica.” Entrambi i significati funzionano. Senza una volontà comunicativa Holl non concepisce l’architettura. Qui parte dall’esterno, dalle forze della città per manipolare i volumi del suo museo e da questa imposizione e inversione rispetto alla funzione contenuta inventa nuove dinamicità e spazialità. I flussi si incrociano come nervi, concettuali e fisici, e dal loro intreccio, dal loro “intertwinnig” come lo chiama, nasce l’architettura.>>

Si comincia poi a sviluppare in questi anni il concetto di mixitè e l’idea urbana di anti-zoning. Berlino è terra fertile per l’esperimento adoperato al riguardo da Renzo Piano per Potsdamer Platz. Non ricorre alla rigida formazione blocco-strada ne a un totale svincolamento degli edifici dalla strada, ma intreccia i due approcci. Fa intervenire il sistema naturale intrecciandolo a quello architettonico.

Miralles e Pinòs, fondatori della rivista “El Croquis”, sono tra i primi architetti che cosrtuiscono all’inizio degli anni 90 opere che rendono evidenti alcune idee fondamentali di interscambio tra paesaggio e architettura. Le regole formative dei processi naturali sono proiettate in quelle che formano l’architettura come risposta al tema della progressiva usura del pianeta, da qui si apre una strada verso un’architettura ecosostenibile ( primo esempio ne è l’esperimento di Biosphere 2).

NUOVE SCOPERTE- In questi anni emerge la figura di Santiago Calatrava con la sua ricerca trasversale e multidisciplinare che sposta in direzioni del tutto inaspettate il mondo dell’ingegneria. Calcolo e conoscenza tecnica sono necessità di approfondimento della vocazione artistica. Il movimento delle strutture è alla base dei suoi progetti, partendo dalle forme vegetali.

Altra figura di spicco del periodo è Rem Koolhaas, formatosi attraverso più discipline. Si affermerà con il progetto di Casa Floriac, studiata appositamente per il committente con disabilità motorie.

Emergono in questi primi anni 90 due opere che determinano nuovi parametri del progettare con il tema della superficie e della bidimensionalità che assume una sua profondità. La Fondazione Cartier a Parigi in cui Jean Nouvel fa largo uso di vetro e superfici trasparenti. Si fa un uso illusionistico della trasparenza che per la prima volta non è più legata all’oggettività della macchina, ma all’allusività dei media e della pluralità pervasiva e volutamente ambigua dei messaggi contemporanei. Gli architetti Herzog e De Meuron hanno invece una tendenza verso i volumi puri e secchi in impianti geometricamente molto definiti, progressivamente sviluppano un interesse verso la ricerca dei molti strati di significato che il tema della superficie degli edifici può nascondere: la pelle dell’edificio che può essere tutt’altro che un tema superficiale. L’opposto della trasparenza di Nouvel.

L’architettura in questa fase non nasce più come pura e nuova, ma si rapporta ed è attraversata dal preesistente. Una delle opere del periodo che ne è esempio è il Centro Le Fresnoy di Tschumi, progetto basato sul meccanismo della sezione. Vengono mantenuti i fabbricati preesistenti ai quali viene sovrapposta una nuova copertura che li riunisce tutti sotto un unico manto creando uno spazio interstiziale.

PROCESSI DI PROGETTAZIONE IN PETER EISENMAN- Dà una risposta innovativa ad un vecchio problema dell’architettura, il movimento, attraverso il concetto di Blurring, lo sfocamento. Il movimento non viene interpretato ma diventa l’ispirazione concettuale e allo stesso tempo la tecnica con cui organizzare un nuovo modo di progettare. Casa Guardiola ne è un esempio: è disegnata sulla base del movimento ondulatorio di una L, le geometrie che ne derivano vibrano, dondolano, ruotano l’una sull’altra in pianta, sezione, alzato.

SPAZIO SISTEMA IN FRANK GEHRY- Due sono le caratteristiche dell’architettura di Gehry in questo periodo: la danza, ovvero gli edifici che sembrano muoversi, parlare, ballare ( es. Biblioteca F. Goldwyn ad Hollywood), e le traiettorie nello spazio. Mentre Eisenman è interessato alle sperimentazione legate alla bidimensionalità della pittura, Gehry è attratto dalla scultura. Le sue riflessioni si concretizzano nel Museo Vitra. E’ un edificio a pianta rettangolare ma in cui tutti gli elementi apparentemente accessori si incastrano l’uno sull’altro collidendo sulla scatola di base. Mentre prima lo spazio era catturato attorno ai volumi, ora lo sforzo consiste nel lancio di linee di forza nell’atmosfera circostante. Il museo Guggenheim a Bilbao e la Concert Hall Disney a Los Angeles sono entrambi un tributo alle superfici curve, alle traiettorie che da rette si inarcano nello spazio con una forza vegetale a Los Angeles e meccanica a Bilbao. Con il museo Guggenhei approda ormai dalla concezione di spazio organo a quella di “spazio sistema”, ovvero la creazione dell’edificio non è unicamente basata sulla funzione che svolgerà al suo interno ma su una maglia molto più complessa di considerazioni.

 

“Through care in development of details and the materials, the Kiasma provides a dynamic yet subtle spatial form, extending towards the city in the south and the landscape to the north.  The geometry has an interior mystery and an exterior horizon which, like two hands clasping each other, form the architectonic equivalent of a public invitation.  Referring to the landscape the interiors are reversible; and form the site which, in this special place and circumstance, is a synthesis of building and landscape…a Kiasma.”

/Steven Holl

 Tour all’interno del Kiasma Museum

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